La casa sul Promontorio, di Romano De Marco (recensione)

Mattia Lanza è lo scrittore più amato d'Italia, il più venduto, il più invidiato, il più tradotto all'estero. Ha una bella famiglia, un'agente che farebbe qualunque cosa per lui, un appartamento a New York e abbastanza soldi per soddisfare ogni possibile desiderio. Insomma, una vita da sogno. Fino alla sera in cui sua moglie ei loro due figli vengono massacrati. Due anni dopo quei fatti di sangue, assolto nel processo che lo ha visto unico indagato per il triplice omicidio, Mattia Lanza decide di tornare a scrivere. Per farlo, sceglie di isolarsi in una villa nascosta dalla vegetazione, sul promontorio di Punta Acqua Bella, in Abruzzo, un paradiso affacciato sul mare. L'incontro casuale con una donna, Eva, sembra riportargli sensazioni che da troppo tempo non viveva, compresa l'ispirazione letteraria. Ma il passato continua a tormentarlo: gli incubi, le visioni angoscianti, i presagi di sventura non gli danno pace. Di chi sono gli occhi che lo spiano di notte? Chi è l'inquietante anziana che lo segue ovunque vada e lo fissa in silenzio? E cosa sono gli strani oggetti che ha trovato nella casa, che sembrano rimandare a un vicino cimitero di guerra? Svelando la verità con continui colpi di scena, questo thriller di Romano De Marco indaga la complessità delle relazioni e ci mostra fin dove è disposto a spingersi l'essere umano per assecondare i propri desideri.

 RECENSIONE

Questo giallo colpisce per l’intreccio: è il modo in cui si alternano due piani narrativi a generare la suspense. Ma non si tratta dei due piani temporali ai quali ci ha abituato il thriller moderno, bensì di due livelli del testo: il livello della realtà e quello della finzione letteraria.

La trama è presto riassunta: ritiratosi in una casa a picco sul mare, lo scrittore Mattia Lanza riesce finalmente a scrivere un romanzo, dopo una lunga pausa dovuta a un episodio tragico che gli ha sconvolto la vita. Durante la permanenza, conosce una donna il cui amore ripara tutte le ferite.

Il tutto sullo sfondo di un’ambientazione così importante da dare il titolo all’opera: la casa sul promontorio, che assurge a simbolo. Simbolo di un baluardo che l’uomo ha costruito sul precipizio di una natura selvaggia, per poter venire a contatto con essa senza precipitare nell’abisso.

Non è un caso che il protagonista di questa storia sia uno scrittore: anch’egli vuole erigere una fortezza per difendersi da una realtà troppo dolorosa, e vuole farlo tramite un’operazione letteraria. Ciò che si accinge a mettere sulla carta non è infatti un romanzo qualsiasi, ma un’opera con cui intende rielaborare “in tranquillità” i fatti legati all’omicidio della moglie e dei figli, di cui è stato incolpato e poi assolto.

E da qui si diramano i due piani narrativi su cui si sviluppa la storia. Sul piano della realtà abbiamo Mattia Lanza che passa le giornate a scrivere, incontra una donna, viene seguito e aggredito da loschi figuri. Sul piano della finzione letteraria abbiamo gli stessi episodi trasfigurati dalla penna dello scrittore.

I due piani non sono nettamente distinti, ma si sovrappongono, talvolta incrociandosi, talvolta procedendo di pari passo, secondo un gioco di specchi metalinguistico.

Anche la sottotrama romantica, che ha per protagonista la bellissima Eva, è talmente rispondente ai canoni del genere che pare una citazione della narrativa romance, quasi come se l’autore, mentre ce la racconta, volesse strizzarci l’occhio.

La suspense si alimenta dello scarto fra i due livelli: il lettore non sa mai se sta leggendo la realtà o la finzione letteraria. E anche i personaggi che sembrerebbero situarsi al livello del reale non sono altro che i soliti noti dell’universo di Romano De Marco, a partire dal vice questore Laura Damiani, protagonista di una scena di azione alla fine della quale sul palcoscenico rimane persino una “pistola di Laura”.

Questa pistola è soltanto una delle anticipazioni che provocano l’effetto voltapagina: per tutta la durata di questo thriller il lettore si aspetterà un colpo di scena, un’agnizione, una rivelazione sull’identità dei personaggi. Tanto più gratificante sarà la sorpresa offerta dal finale.

La lettura scorre agevole, grazie a una tecnica in cui le scene si susseguono incalzanti, con stacchi cinematografici. Ed è proprio un film che l’autore cita testualmente come chiave interpretativa del romanzo.

L’opera contiene anche molte riflessioni sull’ispirazione letteraria, su come passa le giornate uno scrittore, sul mondo dell’editoria, sulla volontà di proporre un’opera diversa dalla solita narrativa di genere.

Era questo lo scopo perseguito da Romano De Marco con questo geniale giallo metalinguistico, in cui oggetto della narrazione è l’esperienza artistica stessa?

Come la casa sul promontorio, anche un romanzo è un baluardo che l’autore erige su quel baratro che è la condizione umana. E se la condizione umana è tragica, infernale, intollerabile, la forma artistica aiuta il lettore (e l’autore) a esperirla, senza riportare ferite mortali. 

Lo consiglio? Personalemente, l'ho trovato geniale

Punti critici? È un romanzo nel romanzo, il che non piacerà a tutti

Autore: Romano De Marco

Editore: Salani

Genere: thriller

Pagine: 288

Anno di pubblicazione: 2022

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Questa recensione è comparsa su https://thrillernord.it/

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